Corte Costituzionale.                                                                                                                                                                      Scrivi all'Avvocato

Art. 18 Legge n. 300/70
 

Con sentenza n. 86, depositata il 23 aprile 2018, la Corte Costituzionale ritiene legittimo ? con riferimento all?articolo 3 della Costituzione ? l?articolo 18, quarto comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, come sostituito dall?articolo 1, comma 42, lettera b), della legge 28 giugno 2012 n. 92 (c.d. Riforma Fornero), quanto alla natura ?risarcitoria? dell?indennità dovuta dall?azienda che si rifiuti di eseguire l?ordine provvisorio di riammissione in servizio del dipendente  licenziato. Indennità che va quindi restituita in caso di successiva riforma del provvedimento. Tuttavia, il datore di lavoro che non esegue l?ordine di reintegrazione provvisoriamente esecutivo, perché  preferisce ?scommettere? sulla sua successiva riforma, può essere messo in mora dal dipendente e andare incontro al risarcimento del danno per la mancata reintegrazione, da quando è stato emesso l?ordine  a quando è stato riformato.Nella sentenza si legge che ?la concreta attuazione dell?ordine di reintegrazione non può prescindere dalla collaborazione del datore di lavoro poiché ha per oggetto un facere infungibile?. Tuttavia,  l?inadempimento del datore di lavoro configura un ?illecito istantaneo ad effetti permanenti?, da cui deriva un?obbligazione risarcitoria del danno da parte del datore nei confronti del dipendente non  reintegrato. La norma denunciata, quindi, non è irragionevole ma ?coerente al contesto della fattispecie disciplinata? perché ? spiega la Corte ? l?indennità è  collegata a una ?condotta contra ius del datore di lavoro e non a una prestazione di attività lavorativa da parte del dipendente?. Di qui la natura risarcitoria (e non retributiva) dell?indennità, e l?obbligo del lavoratore di restituirla qualora l?ordine di reintegrazione venga riformato.

La Corte, però, ha aggiunto che ?scommettere? sulla riforma dell?ordine di reintegrazione ? senza eseguirlo ? può essere fonte di risarcimento dei danni da parte dell?azienda. Il lavoratore, infatti, può mettere in mora il datore di lavoro che si rifiuti di adempiere l?ordine di riassunzione provvisoriamente esecutivo. E la messa in mora ? nello speciale contesto della disciplina di favore del lavoratore ? gli consentirà di chiedere all?azienda, in via riconvenzionale, il risarcimento dei danni subiti per il mancato reintegro, da quando è stato emesso l?ordine provvisoriamente esecutivo a quando è stato riformato.







TFS e TFR ai Dipendenti pubblici. Termini per il pagamento. Ricorsi al Giudice del Lavoro.                           Scrivi all'Avvocato

L'indennità di buonuscita per dipendenti pubblici è un Trattamento di Fine Servizio ( TFS) che corrisponde a una somma di denaro liquidata al lavoratore nel momento in cui termina il rapporto di lavoro.

L'importo si ottiene moltiplicando un dodicesimo dell'80% della retribuzione contributiva annua utile lorda ? compresa la tredicesima mensilità ? percepita alla cessazione dal servizio per il numero degli anni utili ai fini del calcolo, cioè quelli che prevedono la copertura previdenziale prevista dalla legge. Si considera come anno intero la frazione di anno superiore a sei mesi, mentre quella pari o inferiore a sei mesi non viene considerata.

Beneficiari

Hanno diritto all'indennità di buonuscita i lavoratori iscritti al Fondo di previdenza per i dipendenti civili e militari dello Stato incluso nella Gestione Dipendenti Pubblici dell'INPS, assunti con contratto a tempo indeterminato entro il 31 dicembre 2000 e che hanno risolto, per qualunque causa, il rapporto di lavoro e quello previdenziale con almeno un anno di iscrizione.

Al personale assunto con contratto a tempo indeterminato dopo il 31 dicembre 2000 si applica, invece, la disciplina del Trattamento di Fine Rapporto ( TFR).

Nel caso di personale non contrattualizzato (militari, docenti e ricercatori universitari, magistrati, avvocati e procuratori dello Stato, personale della carriera diplomatica e prefettizia, personale dei Vigili del fuoco, dipendenti della Camera dei Deputati, del Senato e del Segretariato generale della Presidenza della Repubblica, ecc.), si continua ad applicare la disciplina dell'indennità di buonuscita anche se assunto dopo il 31 dicembre 2000.

Al Fondo di previdenza per i dipendenti civili e militari dello Stato sono iscritti:

    ?    i dipendenti ministeriali;

    ?    gli avvocati e procuratori dello Stato;

    ?    il personale militare delle Forze armate;

    ?    il personale delle Forze di polizia a ordinamento civile (Polizia di Stato e Corpo di Polizia Penitenziaria) e militare (Arma dei carabinieri e Guardia di finanza);

    ?    i giudici della Corte costituzionale;

    ?    i dipendenti della Camera dei deputati, del Senato e del Segretariato generale della Presidenza della Repubblica;

    ?    i cappellani militari;

    ?    i magistrati;

    ?    i dipendenti del CNEL (Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro);

    ?    gli ufficiali giudiziari, gli aiutanti ufficiali giudiziari, i coadiutori giudiziari;

    ?    i vice pretori ordinari con funzioni giudiziarie;

    ?    il personale del Lotto;

    ?    i dipendenti del Gran magistero dell'ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro;

    ?    gli insegnanti e gli incaricati annuali delle scuole statali.

Sono iscritte anche altre categorie per effetto di disposizioni di legge oppure per sentenze della Corte costituzionale che hanno dichiarato illegittime alcune norme che le escludevano dal diritto.

In caso di decesso dell'iscritto in attività di servizio (articolo 5, decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1032), l'indennità maturata fino a quel momento spetta nell'ordine a:

    ?    coniuge superstite e agli orfani;

    ?    genitori;

    ?    fratelli e sorelle, se a carico dell'iscritto;

    ?    eredi testamentari;

    ?    eredi legittimi.

Ogni categoria esclude quella successiva.

Nel caso di decesso dopo il collocamento a riposo, la somma maturata a titolo di indennità di buonuscita entra a far parte dell'asse ereditario come ogni altro bene e deve essere corrisposta agli eredi legittimi e/o testamentari secondo le norme che regolano la successione.

Modalità di pagamento per i dipendenti pubblici sino al 31.12.2017

Il pagamento dell'indennità di buonuscita è corrisposto come segue (articolo 1, comma 484, legge 27 dicembre 2013, n. 147):

    ?    in unica soluzione, se l'ammontare complessivo lordo è pari o inferiore a 50.000 euro;

    ?    in due rate annuali, se l'ammontare complessivo lordo è superiore a 50.000 euro e inferiore a 100.000 euro (la prima rata è pari a 50.000 euro e la seconda è pari all'importo residuo);

    ?    in tre rate annuali, se l'ammontare complessivo lordo è superiore a 100.000 euro. In questo caso la prima e la seconda rata sono pari a 50.000 euro e la terza è pari alla importo residuo. La seconda e la terza somma saranno pagate rispettivamente dopo 12 e 24 mesi dalla decorrenza del diritto al pagamento della prima.

 

Pagamento Tfr dipendenti pubblici in pensione dal 01.01.2018

    ?   Il pagamento del Tfr avviene dopo 12 mesi con trattamento pensionistico senza penalizzazionie oppure dopo 24 mesi se il trattamento pensionistico è erogato con penalizzazioni.

Come si ottiene

L'indennità di buonuscita è corrisposta d'ufficio, pertanto il lavoratore non deve fare alcuna domanda per ottenere la prestazione.

La somma spettante può essere percepita tramite accredito sul conto corrente bancario/postale o altra modalità di pagamento elettronico.

Prescrizione del diritto

Il diritto all'indennità di buonuscita o a eventuali riliquidazioni e aggiornamenti nel tempo si prescrive sia per gli iscritti sia per i loro superstiti dopo cinque anni dal momento in cui è sorto.

Si può interrompere la prescrizione con un atto rivolto all'INPS Gestione Dipendenti Pubblici o all'amministrazione di appartenenza che dimostri l'intenzione di avvalersi del diritto.

Nel caso in cui i tempi indicati, che sono considerati massimi, non vengano rispettati è possibile rivolgersi al Giudice del Lavoro.

(Riproduzione riservata)




Abuso del Congedo parentale, Cassazione Lavoro, Sentenza 12 gennaio 2018 n. 509                                             Scrivi all'Avvocato

Con sentenza n. 509/2018, la Corte di Cassazione ha affermato che è legittimo il licenziamento di un lavoratore che ha usufruito del congedo parentale per la cura del proprio bambino, senza dedicarsi allo stesso.La Cassazione, dando ragione a un datore di lavoro che aveva supportato il recesso con prove investigative, ha sostenuto che tale principio vale sia nel caso in cui il dipendente si dedichi ad altro lavoro (pur se necessitato dall?organizzazione economica e sociale della famiglia), che allorquando trascuri la cura del figlio per dedicarsi a qualunque altra attività.













Cassazione Lavoro Sentenza 21 novembre 2017, n. 27669                                                                                            Scrivi all'Avvocato
In materia di infortuni sul lavoro, le prestazioni dovute dall'Inail a titolo di indennizzo, in seguito all'entrata in vigore del Dlgs 38/2000, non sono a priori integralmente satisfattive del diritto al risarcimento del danno in capo al soggetto infortunato o ammalato. infortuni-lavoroAnche nel caso in cui ricorra un'ipotesi in cui opera l'assicurazione obbligatoria contro infortuni e malattie professionali, il datore di lavoro resta debitore e titolare del lato passivo dell'obbligazione di risarcire i danni complementari e differenziali. Ad affermarlo è la Cassazione rigettando il ricorso di una società di trasporti, condannata a risarcire il danno differenziale non patrimoniale derivato dall?infortunio sul lavoro di un dipendente.